
Nella filosofia nicciana la concezione del tempo è uno degli elementi costitutivi dell’oltreuomo. Per oltreuomo Nietzsche intende colui il quale attua la trasvalutazione di tutti i valori, diviene cioè libero dal “trascendentale”. Nasce nel 1884 in un paesino provinciale tedesco. La sua carriera di filosofo inizia In molte sue opere, quali “Al di là del bene e del male” o “Gaya Scienza”, egli sottolineerà le caratteristiche dello spirito libero, libero appunto, anche dalla malattia delle catene del tempo. Nietzsche elabora un nuovo modo di intendere il tempo liberandolo dal trascendentale e quindi nella fede dell’avvenire. In “Così parlò Zarathustra” nel capitolo “La visione e l’ enigma”, Zarathustra (protagonista dell’ opera) racconta di aver avuto una visione mentre scalava un monte.
Da questo testo è possibile delineare alcuni aspetti fondamentali della concezione del tempo in Nietzsche. Anzitutto, la visione della porta carraia, nel momento iniziale della seconda parte del capitolo, in cui il nano scende dalle spalle di Zarathustra, è la porta dell’attimo, che congiunge la via del passato e la via del futuro, che si estendono in modo ciclico, dove il nano dà una prima interpretazione di questa porta. Egli infatti risponde: "Tutte le cose diritte mentono. Ogni verità è ricurva, il tempo stesso è un circolo". Questa prima interpretazione è giudicata da Zarathustra stesso troppo superficiale e portatrice di una generica professione di fede nella circolarità e insensatezza di tutto (nichilismo passivo). Nella seconda parte però, Zarathustra espone la sua controinterpretazione della visione della porta che aggiunge caratteri essenziali alla prima interpretazione del nano. La novità di questa controinterpretazione consiste nel fatto che Zarathustra va più a fondo e tocca l’ argomento decisivo che pone il punto di svolta dal nichilismo passivo al nichilismo attivo. Non solo tutto ciò che diviene deve essere già stato vissuto, ma sopratutto anche la porta stessa, l’attimo presente, deve già essere stata in passato. Sì è dunque raggiunto il piano di passaggio dal nichilismo passivo al nichilismo attivo, quindi dall’eterno ritorno come pensiero paralizzante, all’eterno ritorno come liberazione dal simbolico (viene confutata in parte la prima interpretazione del nano). L’attimo è compreso nell’eterno circolo di passato e futuro. Successivamente, Zarathustra è come ridestato dall’ululato di un cane che gli permette di cambiare scena e trovarsi davanti a una nuova situazione. Egli infatti vede il cane quasi chiedere aiuto vicino ad un pastore, che è come soffocato da un serpente, la cui testa esce dalla sua bocca. Il serpente, nello specifico, indica l’eterno ritorno ed è come se il pastore fosse soffocato da questa concezione dell’eterno circolo del tempo. Un gesto fondamentale, fa tornare il sorriso sulle sue labbra, ormai non più sofferenti del pastore (“mai prima al mondo aveva riso un uomo, come lui rise!”): questi infatti aveva morso e staccato la testa al serpente, indicando così allegoricamente l’accettazione dell’ eterno ritorno. E’ importante sottolineare come l’accettazione dell’eterno ritorno sia dovuta a una decisione del pastore: se questi non avesse mai morso la testa al serpente, non sarebbe mai stato in grado di accettarlo e di istituirlo. Vi è quindi un attimo in cui il pastore istituisce, cioè vuole, il ripetersi eterno della vita e dell’istante. Solo se l’ attimo che l’uomo vive è immenso, cioè ingloba in sè tutto il suo significato, si può volerlo sempre di nuovo. L’ uomo che può volere l’eterno ritorno è un uomo felice, a cui la vita dà attimi “immensi”, come testimonianza piena di esistenza e significato. In quest’opera è possibile vedere il ruolo di Nietzsche come “difensore” di un tempo qualitativo, qualificato nella sua densità dai contenuti vissuti. L’eterno ritorno confuta la concezione lineare del tempo secondo cui (Nietzsche fa una critica aperta ad Eraclito) ogni attimo è tale solo in funzione di quelli che lo procedono e lo seguono: ciò significa, secondo il filosofo tedesco, che l’istante non ha un suo significato proprio. L’eterno ritorno dell’attimo esige, invece, che l’uomo entri in un rapporto diverso con il tempo, che egli possa cioè vivere degli attimi capaci di farsi volere sempre di nuovo.
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